Giovanni Chiaramonte e la ripetizione di un modello

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2 min readJun 23, 2009

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Per Giovanni Chiaramonte “ogni fotografia è una immagine da costruire con attenzione, un immagine controllata, che trova il senso nel contesto di una precisa ricerca e che non potrà affatto essere estrapolata, da questa ricerca, a una dimensione, a un momento, a uno spazio diverso”.

Il grattacielo di Francoforte di Oswald Mathias Ungers a Francoforte è un edificio ricco di significati, anche simbolici; infatti, fissa visivamente il centro della fiera, e collega i due quartieri fieristici, suddivisi dalla ferrovia, diventando polo di attrazione e una delle porte d’accesso alla città. Formato da due corpi inseriti uno nell’altro, sembra una grande porta o una finestra sovradimensionata.

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Le fotografie di Giovanni Chiaramonte documentano il fabbricato in costruzione. Il grattacielo è fortemente contestualizzato nel tessuto urbano, e rispetto alla torre di Berlino di Pietro Derossi, esaminata dallo stesso fotografo in un’altra serie di fotografie, il problema di rappresentare due edifici simili per l’impatto visivo che provocano viene risolto diversamente.

Mentre la torre di Berlino è decontestualizzata dalla trama cittadina, il grattacielo di Ungers viene disposto in maniera orizzontale attraverso segni e oggetti quali i fili elettrici, le gru, o il nero dell’asfalto, che lo inseriscono e lo includono nella città, rendendolo quasi anonimo come in una fotografia di Friedlander; solo le ombre conducono lo sguardo verso l’edificio.

La galleria collega i due grandi padiglioni fieristici, è una volta a botte tutta in vetro con una struttura a cassettoni. Le immagini, sono per lo più frontali, ma acquistano dinamismo grazie all’equilibrio accurato derivante dalla disposizione delle linee orizzontali e verticali col semicerchio della facciata.

All’interno, il movimento è dato dalla folla caotica che passa davanti all’obiettivo, l’architettura è molto presente e non c’è la ricerca di prospettive originali. La veduta a colori del fronte è ruotata di 45 gradi: il saliscendi della strada è contrapposto all’orizzontalità della parte anteriore dell’edificio e ricorda la fotografia St. Albans (1941) di Jack Delano.

Le vedute degli edifici sono abbastanza convenzionali, come se la ricerca del fotografo si fosse assopita insieme alle spinte innovatrici che la rivista aveva proposto nel campo fotografico. Le fotografie sono ridotte a norma, costruite con la solita sapienza matematica che contraddistingue il lavoro di Chiaramonte. Vi è sempre un’attenzione particolare per gli spazi pieni e vuoti, così come i volumi cubici degli edifici sono un ulteriore stimolo a analizzare da parte del fotografo questa figura geometrica.

Ma come si è indebolita l’ondata di rinnovamento dell’Iba, che aveva contraddistinto l’edificio di Aldo Rossi sulla Kochstrasse, o gli edifici di Ungers e Krier, così queste immagini sono la ripetizione di un modello sapientemente manipolato da Giovanni Chiaramonte, ma che risulta, alla fine, solo uno sterile esercizio di stile.

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