August Sander, tra sociologia arte e fotografia

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3 min readMay 22, 2015

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Una foto di successo è solo un primo passo verso l’uso intelligente della fotografia … non posso mostrare [il mio lavoro] in una singola foto, né in due o tre … La fotografia è come un mosaico che diventa sintesi solo quando viene presentato in un insieme .

Queste parole di August Sander descrivono perfettamente l’idea e la finalità che lo spinse a mettere insieme un progetto come “Menschen des 20 Jahrhunderts ”(Ritratti del Ventesimo Secolo) l’ultimo libro di fotografie, mai pubblicato dall’autore e composto, dopo la sua morte con i più di 600 scatti sopravvissuti alla distruzione nazista seguendo i suoi appunti e linee guida.

La fotografia di Sander vuole essere una registrazione oggettiva della realtà, i suoi soggetti sono ripresi quasi esclusivamente di fronte, in posizioni statiche e con lo sguardo rivolto direttamente all’obiettivo. Per cogliere l’essenza, l’archetipo dietro la figura rappresentata Sander cerca di ridurre al minimo elementi superflui e variabili esterne e nella ripetitività cerca la conferma delle sue teorie.

La sua riflessione sul mondo che lo circonda e sulle meccaniche sociali lo porta a teorizzare che un individuo è inseparabile dalla sua classe sociale, egli è il frutto dalla sua professione, e del contesto culturale in cui era cresciuto. Dal particolare all’universale, Sander cerca di immortalare sulla pellicola non il singolo ma la classe sociale a cui appartiene nella sua essenza.

August Sander comincia il suo lavoro di fotografo professionista nel 1901 a Linz fotografando l’emergente classe media metropolitana. Nel 1910 si sposta a Colonia e, spinto dalla necessità, comincia a viaggiare anche nelle campagne del distretto di Westerwald, ampliando così la galleria dei soggetti da lui ritratti. Questo ha profonde conseguenze sul suo lavoro che comincia ad assumere i contorni di studio sociologico piuttosto che di mera opera fotografica.

Nei primi anni Venti la frequentazione con un gruppo di artisti (“Gruppo degli Artisti Progressivi”) contribuisce alla teorizzazione della sua opera come ritratto realistico della società in cui vive e nel 1929 pubblica un libro fotografico intitolato Antlitz der Zeit (Facce del Nostro Tempo).

Di lì a poco, solo 4 anni più tardi, comincia la persecuzione nazista: il figlio Erich, esponente del Partito Comunista viene imprigionato ed ucciso e le lastre fotografiche di Antlitz der Zeit distrutte.

Il Terzo Reich trovava intollerabile il ritratto della società tedesca che esce dalle fotografie di Sander: mendicanti, artisti di strada, disoccupati, ma anche rivoluzionari e sindacalisti, affiancati a ritratti di madri borghesi con i loro figli.

Dopo che il suo studio viene distrutto nel bombardamento di Colonia del 1944, Sander salvando ciò che può, e si trasferisce nella campagna di Kuchhausen, dove rimane fino alla morte nel 1964.

Del suo lavoro resta soprattutto un incredibile ritratto della società tedesca dell’epoca di Weimar, una capacità di rappresentare le classi sociali nella loro essenza, accostandole l’una all’altra per farne risaltare i rapporti, e la ricerca imperterrita della rappresentazione obiettiva della realtà, non così come l’artista la percepisce, ma così come l’obiettivo è in grado di fermarla.

In una lettera del 1946, Sander scrive:

L’opera, che è più una rappresentazione che una critica, fornirà un’idea della nostra epoca e della sua gente, e più il tempo passa, il più diventerà preziosa.

Non si sbagliava.

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