Shomei Tomatsu | Nagasaki 11:02 1945

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6 min readSep 12, 2014

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Shomei Tomatsu è oggi considerato come il padre della “nuova fotografia giapponese”, di sicuro è uno dei più influenti fotografi del Sol Levante, il cui lavoro ha riflesso i cambianti sociali e culturali che hanno accompagnato la società giapponese negli ultimi 60 anni. Daido Moriyama, Takuma Nakahira e Koji Taki, fondatori della rivista Provoke, negli anni ’60 avevano già teorizzato questo nuovo modo di rileggere gli eventi tanto che nella dichiarazione di intenti si legge che i fotografi devono usare i loro occhi per cogliere i frammenti della realtà ben oltre la portata di una preesistente lingua, presentando un materiale che deve provocare e mettere in moto il pensiero. L’approccio radicale di Tomatsu con la sua mano libera, lo stile espressionista, le inquadrature strane, ha trasformato l’idea stessa della fotografia in Giappone.

Shomei Tomatsu

Shomei Tomatsu | Bottiglia Fusa, Nagasaki, 1961

A prima vista le fotografie di Shomei Tomatsu evocano astratti spazi surreali in cui si muove la realta artificiosa del Giappone post-atomico. Una delle sue fotografie più famose: Bottiglia fusa, Nagasaki, 1961 rappresenta in maniera emblematica questa ambivalenza tra realtà, documetario e sperimentazione. L’immagine si presenta come qualcosa di indefinito, una creatura deforme, una specie di maialino lanciato nello spazio, scarnificato e ansimante, con i muscoli tesi senza testa che penzola davanti a noi. E’ invece una bottiglia di birra deformata dall’esplosione nucleare, uno dei tanti banali oggetti, reliquia di un momento che ha cambiato per sempre la storia del Giappone e non solo. Shomei Tomatsu la vede e la rappresenta come emblema di una città devastata ri-presentandola agli occhi del mondo in una maniera così artefatta da stravolgere ogni regola del reportage.

Shomei Tomatsu

La bottiglia fusa emana in maniera potente l’odore acre della distruzione, la puzza di bruciato di una grande ferita non rimarginata. L’aspetto surreale, quasi onirico di questo oggetto ci conduce non in profondità ma solo un poco al di sotto della superficie delle macerie in modo da farci sentire tutto lo strazio delle pelli bruciate, dell’aria irrespirabile, della deflagrazione sorda che ci coglie impreparati e allo stesso tempo ci lascia attoniti e senza parole. D’altronde, per il modo di vedere giapponese, non sarebbe stato etico e tanto meno decoroso mostrare palesemente il grande dolore che aveva sconvolto Nagasaki mostrando e ostentando il dolore degli abitanti con le loro ferite e i loro traumi.

Il Giappone e il trauma della bomba atomica

Shomei Tomatsu a 31 anni ha così cominciato a ripensare con un nuovo atteggiamento il trauma della bomba atomica e più in generale della storia del suo paese, registrando attraverso un nuovo modo di fotografare i drammi di un passato che tutti i giapponesi, impegnati nella costruzione di un nuovo futuro, volevano cancellare.

Shomei Tomatsu

Quando nel 1961 Shomei Tomatsu incontra Nagasaki, questa città, 16 anni dopo la bomba, gli provoca un fortissimo turbamento sia da un punto di vista umano che professionale. Da questo momento in poi la fotografia di Tomatsu non sarà più la stessa: è il crollo del realismo come si era inteso fino ad allora, il crollo per dirla in parole povere del momento decisivo di Cartier Bresson. La domanda che Shomei Tomatsu si pone è semplice: se l’idea che si ha del Giappone non esiste più, come posso fotografare la realtà? dove “trovo” il momento decisivo del Giapoone post guerra? Per questo motivo la foto della copertina è un orologio da tasca posto al centro di un tessuto bianco che rimanda alla bandiera e al sorgere del sole che segna le 11.02 del 9 agosto 1945, ora dell’impatto, in cui il tempo per Nagasaki si è fermato.

Shomei Tomatsu

…e il tempo che abbraccia tutto il mondo si deve fermare

11.02 è un libro di indignazione e rabbia, è un documentario sui sopravvissuti di Nagasaki ma anche contro un certo modo di rappresentare i drammi dalla fotografia, l’usurpazione di un momento tragico attraverso lo sguardo dello spettatore-sfruttatore. Il libro è una costruzione multistrato sul tempo e il dolore. Tempo e dolore che i sopravvissuti si porteranno dietro tutta la vita e che la fotografia non può cogliere. Il grande dissidio interiore che coglie Tomatsu è: come può una fotografia causare sofferenza nello spettatore quando dopo le 11.02, la bomba ha dato luogo ad una sofferenza continua nel tempo? Tomatsu cerca di risolvere questa ambivalenza abbattendo il momento decisivo.

Ma come?

Tomatsu compone un tempo multistrato su 4 livelli, quattro storie che si svolgono in parallelo:

  • il tempo che si è fermato alle 11.02 del 9 agosto 1945,
  • il tempo che ha avuto inizio subito dopo le 11.02 per i sopravvissuti,
  • il tempo naturale delle attività umane che passa indipendentemente dagli eventi,
  • il tempo del dopoguerra in Giappone.

Il primo è rappresentato dalle fotografie che raccontano la devastazione, orologi, bottiglie di birra, caschi, statue di angeli. Il secondo da fotografie che mostrano il presente per i sopravvissuti. Il terzo da fotografie di piante e natura in genere. Il quarto è rappresentato da fotografie che mostrano Nagasaki nel 1961.

Shomei Tomatsu

Il problema fondamentale rimane la devastazione e il dolore reale in contrapposizione alla commozione e all’aspetto emotivo ed estetico che appartiene allo spettatore. La fotografia di Shomei Tomatsu ha cercato di documentare il tempo strappato ai sopravvissuti della bomba atomica, il tempo rubato che nessuna fotografia può raccontare inducendo al tempo stesso una riflessione profonda in chi guarda le immagini. Per superare questa dicotomia ha cercato così di rivelare il mondo nascosto dietro la realtà apparente utilizzando tecniche vicine al surrealismo.

In altre parole, il mondo così com’è è nascosto dietro la realtà di tutti i giorni, e il fotografo deve utilizzare le proprie competenze fotografiche per rivelarlo. Il suo senso della composizione gli permette di trasformare la realtà in una realtà altra che evoca e rimanda all’essenza del suo pensiero ricercando un’armonia e una perfezione formale che si riflette nell’equilibrio tra la direzione dello sguardo del soggetto e lo spazio, l’equilibrio tra l’inclinazione e la composizione all’interno della cornice,e non ultimo l’uso magistrale di tutta la gamma di possibilità data dal bianco e nero.

Shomei Tomatsu

Shomei Tomatsu è stato un grande catturatore di vita che non si concentrava sulle foto da cartolina, ma su dettagli talvolta inutili, che con la macchina fotografica respirava la realtà che lo circondava, riuscendo a cogliere l’affannoso movimento di una società in continua trasformazione, trasformando egli stesso la fotografia Giapponese e non solo.

Published 7/10/2012 on 2Photo

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